Lotta biologica con insetti alla cimice asiatica con feromoni

La specie Halyomorpha halys – conosciuta come cimice asiatica – ha assunto in Europa e in Italia un ruolo di primo piano fra i fitofagi invasivi grazie alla sua elevata capacità adattiva, alla diffusione su numerose colture e al forte impatto economico che genera. In Italia, è stata segnalata per la prima volta nel 2012 nella provincia di Modena, da dove si è rapidamente diffusa.

Ogni adulto può deporre centinaia di uova in un ciclo riproduttivo che, in ambienti favorevoli, può generare due o più generazioni sovrapposte all’anno. L’approccio tradizionale basato esclusivamente su prodotti chimici sta mostrando limiti, sia per resistenze emergenti sia per la pressione ambientale. Di fronte a questi elementi, la lotta biologica, abbinata all’uso dei feromoni di aggregazione, offre un modello di intervento che privilegia la prevenzione, il monitoraggio e l’integrazione di più strumenti.

Questo modello consente di intervenire in modo più preciso, riducendo l’uso indiscriminato di insetticidi, tutelando le produzioni e migliorando la sostenibilità nel tempo.

Strategie di lotta contro la cimice asiatica

La panoramica che segue descrive le condizioni dell’invasione, i principi della lotta biologica e l’importanza del monitoraggio precoce.

Contesto e criticità dell’invasione

La cimice asiatica è una specie altamente polifaga che attacca un’ampia gamma di colture: frutteti (come melo, pero, ciliegio), piante da frutta secca (come nocciolo), ortaggi e piante ornamentali. In Italia è presente in molte regioni e genera elevati danni. In Emilia-Romagna, ad esempio, sono state documentate perdite importanti nei frutteti a gestione integrata e biologica.

Il danno si concreta in frutti deformati, punture di suzione, riduzione della qualità commerciale e aumento dei costi di gestione. Ogni adulto può deporre fra 250 e 400 uova nel corso della vita.
La presenza di due generazioni per anno, spesso sovrapposte, comporta che i cicli d’intervento si accorcino e la finestra utile per difendere le colture risulti ridotta.

La combinazione di questi fattori rende la gestione più complessa: la specie può svernare in ambienti riparati, ha elevata mobilità, ampia gamma di ospiti e nessun antagonista specifico autoctono sufficientemente efficace in scala.
La realtà del campo richiede strumenti diversificati, ordinati in un piano che tenga conto della biologia, della pressione locale e della capacità produttiva dell’azienda.

Principi della lotta biologica

La lotta biologica si basa sulla selezione, diffusione o potenziamento di agonisti naturali dell’infestante, per attaccare uno o più stadi vulnerabili della sua biologia (ad esempio le uova). Una delle specie più studiate è la Trissolcus japonicus (“vespa samurai”), parassitoide delle uova della cimice asiatica nelle aree d’origine, con tassi di parassitizzazione fra il 60% e il 90% nei contesti naturali.

In Italia, la parassitizzazione naturale rilevata è molto più bassa: indagini hanno documentato valori intorno al 1-5% in determinate aree.  L’adozione di questi antagonisti richiede valutazioni ambientali, regolamentari e agronomiche: compatibilità con trattamenti chimici, impatto su specie non bersaglio, integrazione nei calendari colturali. Quando applicata correttamente, la lotta biologica contribuisce a ridurre la pressione dell’infestante e a stabilizzare la situazione fitosanitaria nel medio termine.

Monitoraggio e soglia di intervento

Un monitoraggio efficace è alla base della decisione agronomica. L’installazione di trappole a feromone o piramidali in punto strategici consente di rilevare tempestivamente la presenza e l’andamento della popolazione. Ad esempio, in Veneto è stata attivata una rete di 80 località sensibili dotate di trappole innescate da feromoni.

Le note tecniche suggeriscono l’installazione di 3-4 trappole per azienda a partire da marzo/inizio aprile, preferibilmente ai bordi dei campi, in prossimità di edifici o siepi. La soglia di intervento – ossia il livello di presenza dell’infestante al quale attivare misure – varia secondo coltura, densità di infestazione, potenziale produttivo e capacità aziendale di gestione. Il monitoraggio consente di evitare trattamenti ridondanti e di intervenire in momenti più favorevoli: ciò incrementa l’efficacia e contenere i costi.

Uso dei feromoni di aggregazione nella difesa integrata

L’impiego dei feromoni rappresenta oggi una tecnologia chiave nell’arsenale di difesa contro la cimice asiatica. Questa sezione esamina come funzionano, come vengono applicati e quali sono le condizioni per il loro utilizzo efficace.

Meccanismo d’azione dei feromoni di aggregazione

I feromoni di aggregazione sono sostanze chimiche emesse dalla specie che richiamano adulti, femmine, maschi e neanidi verso un punto comune. Nel caso della cimice asiatica, la miscela comunemente utilizzata combina il murgantiolo e un componente sinergico (MDT) che potenzia l’attrazione.

Questa modalità d’azione differisce dai feromoni sessuali (che richiamano solo un sesso): qui, l’attrattivo agisce su entrambi i sessi e su stadi giovanili, permettendo di concentrare la popolazione in zone selezionate. L’obiettivo è facilitare il monitoraggio o la cattura massale, oppure creare condizioni di intervento più mirate.

Trappole e cattura massale: tecnologie e applicazioni

Diversi tipi di trappole (piramidali, a imbuto, a piatto adesivo) sono dotati di erogatori di feromone e, in alcuni casi, rivestimenti adesivi o reti insetticide (“Attract & Kill”). Uno studio italiano ha evidenziato che trappole innescate con feromoni di aggregazione possono servire a concentrare gli insetti, ma l’area di attrazione è relativamente contenuta (circa 6-8 m) e la cattura massale richiede densità elevata di dispositivi.

L’uso consigliato prevede che le trappole vengano poste ai bordi del campo, in prossimità di infrastrutture, siepi o elementi vegetazionali che favoriscono l’entrata della cimice.  Tra le soluzioni più diffuse per il monitoraggio e la cattura della cimice asiatica, si possono utilizzare dispositivi specifici come la trappola a feromoni per cimice asiatica disponibile su Dodo Garden, progettata per attrarre gli adulti attraverso feromoni di aggregazione e ridurre la presenza dell’insetto nelle colture.

Nota operativa: la densità, il posizionamento e la manutenzione delle trappole (sostituzione erogatori, pulizia, verifica adesivo) sono determinanti per l’efficacia.

Limiti e condizioni operative dell’uso dei feromoni

L’uso di feromoni presenta elementi critici che vanno considerati:

  • L’attrazione è selettiva, ma l’ambito d’azione copre solo decine di metri; questo significa che la riduzione della popolazione non è automatica.

  • Se il dispositivo è posizionato troppo vicino alle piante fruttifere, si rischia di concentrare l’infestante in zone adiacenti e aggravare i danni.

  • La cattura da sola non elimina la specie: deve essere integrata con altre misure (agronomiche, biologiche, fisiche) per ottenere risultati duraturi.

  • L’efficacia dipende da ambiente, coltura, periodo stagionale e gestione aziendale.

Una valutazione attenta dei vincoli aziendali e ambientali è fondamentale per orientare l’adozione di feromoni all’interno del piano di difesa.

Inserimento di antagonisti naturali: rilascio, efficacia e prospettive

La sinergia fra l’uso di antagonisti naturali e altri strumenti di difesa rappresenta una delle frontiere più avanzate nella lotta alla cimice asiatica. In questa parte vengono trattati i soggetti coinvolti, i progetti italiani e il modo in cui integrare le misure.

Insetti antagonisti selezionati (es. parassitoidi)

Oltre alla Trissolcus japonicus (vespa samurai), in Italia si sta sperimentando l’uso del parassitoide autoctono Anastatus bifasciatus, con rilievi tecnici recente che ne valutano l’efficacia sull’ovatura di H. halys. Le note tecniche sul rilascio inondativo sottolineano l’importanza dell’identificazione tassonomica, della valutazione del tasso di parassitizzazione e della scelta delle aree di rilascio più favorevoli.

Il passaggio da laboratorio a campo richiede tempi, risorse ed esperienza agronomica. L’azione di un antagonista ben impiantato favorisce una riduzione della popolazione, un miglioramento della stabilità del sistema e una diminuzione della dipendenza dal prodotto chimico.

Progetti nazionali/regionali e risultati sul campo

Molte regioni italiane, tra cui Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, hanno avviato progetti di monitoraggio, rilascio e valutazione sul campo degli antagonisti naturali. In alcune sperimentazioni è stato osservato un aumento del tasso di parassitizzazione rispetto alla baseline, ma le condizioni operative (habitat, clima, coltura) influenzano fortemente i risultati.

Le aziende che partecipano a questi progetti acquisiscono esperienza diretta, mettono in campo protocolli di rilascio e monitoraggio e sviluppano collaborazioni con enti fitosanitari e università. L’esperienza acquisita è un fattore distintivo nella costruzione dell’autorevolezza del programma.

Integrazione antagonisti + feromoni + altre misure

La difesa integrata rappresenta il metodo più solido. Il rilascio degli antagonisti va pianificato sulla base del monitoraggio (ad es. tramite trappole con feromoni) e combinato con protezioni fisiche, agronomiche e quando necessario con interventi chimici target. In un sistema armonico, i feromoni segnalano la presenza dell’insetto, le protezioni limitano l’ingresso e la diffusione, gli antagonisti attaccano direttamente la popolazione; l’agricoltore interviene al momento giusto e con strumenti coerenti. Questo approccio migliora l’efficacia operativa, riduce i rischi ambientali e promuove una maggiore sostenibilità economica.

Difesa integrata delle colture: combinare metodi per massimizzare l’efficacia

Questa sezione descrive come mettere in campo un piano aziendale di difesa che unisca più strumenti, con tempistica, best-practice e compatibilità.

Protezioni fisiche, agronomiche e chimiche compatibili

Le reti anti-insetto, la chiusura dei potenziali ricoveri di svernamento (edifici, serbatoi, siepi), la gestione del bordo campo (arbusti, siepi tamponi), rappresentano misure che rafforzano la difesa. Uno studio ha evidenziato che l’abbinamento di reti e feromoni può ridurre significativamente la pressione della cimice asiatica.

L’intervento chimico, quando indispensabile, va pianificato seguendo la soglia d’intervento stabilita dal monitoraggio e preferendo prodotti a basso impatto e mirati. L’azione agronomica (potature, raccolta precoce, sanificazione) completa il quadro e riduce la vulnerabilità della coltura.

Pianificazione e gestione temporale degli interventi

La gestione temporale degli interventi è uno degli elementi che distingue un buon programma da uno improvvisato. Le fasi critiche si collocano all’inizio della primavera – con la ripresa dell’attività degli adulti dopo lo svernamento – e in tarda estate, quando la seconda generazione si sviluppa. Il monitoraggio settimanale consente di rilevare l’innesco della popolazione e di attivare le trappole o gli antagonisti al momento più efficace. La pianificazione coinvolge la scelta del numero di trappole, il calendario dei rilascio degli antagonisti, la formazione del personale, la registrazione dei dati e la revisione del piano anno dopo anno.

Best-practice per l’applicazione agronomica

Gli agricoltori più avanzati adottano procedure dettagliate: posizionamento delle trappole a feromoni al bordo del campo, a circa 20-30 metri da edifici e rifugi, come indicato dalle schede tecniche. Rilascio degli antagonisti nelle zone marginali del frutteto, accoppiato alla presenza di vegetazione rifugio per favorire l’insediamento.

Registrazione dell’infestazione con apposite schede aziendali, valutazione dei risultati su base annuale, e aggiustamenti delle strategie per l’anno successivo. La sinergia fra tecniche e l’impegno continuo del tecnico e dell’agricoltore contribuiscono alla costruzione di un sistema affidabile e replicabile.

Valutazione economica, ambientale e scenari futuri

In quest’ultima parte vengono passati in rassegna gli aspetti economici, ambientali e le prospettive evolutive delle strategie di difesa.

Costi e benefici della lotta biologica + feromoni

L’adozione del monitoraggio tramite feromoni e del rilascio di antagonisti richiede un investimento iniziale: acquisto delle trappole, erogatori di feromone, formazione, monitoraggio costante e gestione dei rilievi. Nonostante ciò, nei contesti in cui l’infestazione supera la soglia del 50% delle unità produttive, la difesa integrata dimostra un ritorno sull’investimento grazie alla riduzione dei trattamenti, alla stabilizzazione della produzione e al miglioramento del valore commerciale del raccolto. Le aziende che adottano questo approccio tendono a migliorare la qualità del prodotto, a ottenere certificazioni ambientali e a posizionarsi meglio sul mercato.

Impatti ambientali e sulla biodiversità

L’uso selettivo dei feromoni, che richiamano solo la specie bersaglio, e l’impiego mirato di antagonisti naturali riducono la pressione sugli insetti utili e sulla fauna non bersaglio. Questo approccio si traduce in una migliore sostenibilità agronomica, in un minore residuo chimico nei prodotti e in un miglior equilibrio dell’ecosistema aziendale. Le reti anti-insetto e le misure agronomiche complementari contribuiscono a rafforzare la resilienza delle coltivazioni e a preservare la biodiversità ambientale.

Sfide e ricerche in corso

Restano aperte diverse sfide operative e scientifiche: elevare il tasso di parassitizzazione degli antagonisti in campo, definire soglie economiche precise di intervento in funzione di coltura e zona, dimensionare su scala aziendale la cattura massale mediante feromoni, adattare le tecniche alle diverse condizioni territoriali e climatiche. Un filone di ricerca promettente è l’applicazione di tecnologie high-tech come imaging iperspettrale o sensori IoT per migliorare il monitoraggio. La formazione continua degli operatori, la condivisione dei dati fra aziende e istituzioni e l’aumento della professionalità del sistema agricolo rappresentano elementi chiave per la costruzione di sistemi di difesa resilienti.

Conclusione

Affrontare la presenza della cimice asiatica richiede una visione strategica e operativa che superi l’approccio emergenziale. Il percorso passa dalla prevenzione, passando per un monitoraggio costante, fino all’adozione di strumenti integrati efficaci. L’associazione sinergica tra feromoni di aggregazione, antagonisti naturali e misure agronomiche e fisiche consente di costruire una difesa più efficiente, meno impattante e più sostenibile nel tempo.

Agricoltori, tecnici e ricercatori devono operare in sintonia per adattare la strategia alle condizioni aziendali e territoriali, tenendo conto delle variabili biologiche, climatiche e agronomiche. Una strategia ben pianificata, calibrata e costantemente aggiornata può fare la differenza nell’ottenimento di produzioni di qualità, nella gestione dei costi e nella tutela ambientale.

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